ROMA – Il via alla sperimentazione della app Immuni in 4 regioni italiane con l’autorizzazione (e le 10 raccomandazioni) del Garante “e’ l’ennesimo passaggio irrituale di una vicenda che mostra ancora aspetti sconcertanti e che rimane piena di punti di domanda lasciati in sospeso“. A dirlo e’ il presidente di Anorc Professioni, l’avvocato Andrea Lisi, spiegando che “nella parziale approvazione il Garante indica ben 10 osservazioni che vanno verso una maggiore attenzione alla sicurezza e alla trasparenza informativa, ma arrivano solo nel giorno in cui la app inizia a essere utilizzata, quando cioe’ gia’ e’ in atto un trattamento di dati dei cittadini ‘cavie’ che stanno scaricando il software sui propri smartphone”. E questo, secondo l’esperto di Diritto dell’informatica, non e’ l’unico aspetto paradossale dell’intera vicenda. Perche’ “la confusione e’ iniziata sin dalla fast call for contribution, che e’ stata fatta senza un’idea precisa in merito al progetto che si voleva portare avanti. E che ha portato a preferire a centri di ricerca, societa’ che sviluppano app ludiche o specializzate nel settore dei big data”. Da questo primo step, secondo Lisi, sono seguite a cascata una serie di altre mosse altrettanto discutibili. Dalla totale fiducia conferita ad Apple e Google per la costruzione dei ‘binari digitali’ sui quali viaggera’ Immuni, ai contratti che legano la societa’ sviluppatrice dell’app al governo. L’avvocato le ha elencate piu’ volte nelle scorse settimane chiedendo alle istituzioni maggiore trasparenza.
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I DUBBI SULL’APP IMMUNI
“Solo in questi ultimi giorni- ha dichiarato il presidente di Anorc Professioni, avvocato Andrea Lisi- sono entrato in possesso dei contratti che legano il governo italiano a Bending Spoons. Consultando i vari documenti a disposizione, ho notato che prima di tutto sembrerebbe cambiata la titolarita’ nel trattamento dei dati personali,