ROMA – Nel quartiere romano di San Basilio tutti i giorni si combatte una guerra. Da una parte ci sono i trafficanti di via Corinaldo e di via Tranfo, nella zona chiamata la ‘Lupa’, dall’altra c’è una squadra composta da Don Antonio Coluccia, fondatore dell’Opera Don Giustino, la sua scorta e i Poliziotti del commissariato di San Basilio diretti da Eugenio Ferraro. Una guerra fatta certamente di indagini, arresti e sequestri, ma soprattutto di presenza sul territorio. Lo sa bene Don Coluccia che di questa idea ha fatto una missione. Tutti qui a San Basilio lo conoscono, lo abbiamo potuto constatare seguendolo una sera con le telecamere dell’agenzia Dire, in una delle zone più difficili e pericolose della Capitale.
Cala il buio, le vedette sono al loro posto, la vendita della droga qui non ha orari. Quando arrivano Don Coluccia e la sua scorta, qualcuno scappa, ma donne e bambini restano e lo salutano: “Ciao come va? Grazie per quello che fai”, lui alza la mano, sorride e cammina. Percorre molto meno dei famosi ‘100 passi’ – canzone antimafia che adora far risuonare per le vie del quartiere – per mostrarci le sedie delle vedette della droga: “Guadagnano 150 euro al giorno, perché dovrebbero andare a lavorare se nessuno gli spiega il valore della legalità?”.
Le vedette sono ragazzi che non solo ti indicano la strada per acquistare la polvere bianca ma che soprattutto monitorano gli incroci insieme ad altri appostati sui terrazzi. Se qualcuno si avvicina gridano ‘levate’, ‘togliti’ in dialetto romano: è il segnale d’allarme per far sapere a tutti che ci sono ‘le guardie’ e quindi è meglio sparire velocemente. Intanto Don Antonio ha imbracciato il megafono e iniziato a fare quello che ormai fa da più di un anno, tutti i giorni: prega e parla alle persone che sono chiuse in casa. “La droga è una cultura di morte”, dice prima di un’Ave Maria e poi parla direttamente agli spacciatori: “Pentitevi, esiste un’altra strada, quella della vita,