Il Covid nelle carceri e il ruolo degli infermieri

ROMA – La pandemia di Covid-19 ha colpito anche le carceri, provocando diversi effetti. Fortunatamente i casi di Covid-19 sono stati sporadici e non particolarmente critici. “Dopo le proteste iniziali e gli inevitabili timori che le carceri divenissero una polveriera, le norme previste dal Dpcm dell’8 marzo per gli istituti penitenziari hanno consentito di limitare i contagi: i casi sintomatici dei nuovi ingressi sono stati posti in isolamento; i colloqui si sono tenuti in modalità telematica; sono stati limitati i permessi e la libertà vigilata” evidenzia il Prof. Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPe – Società Italiana di Medicina e Sanità nei Penitenziari – Tuttavia, con questa seconda ondata il virus si è diffuso in diversi ambiti, ben oltre ospedali e rsa che erano stati i principali incubatori del virus in primavera: di conseguenza, adesso qualsiasi nuovo detenuto va in un’area di quarantena e viene sottoposto a tutti i consueti protocolli, secondo un filtro analogo ai triage degli ospedali”. “Tra le conseguenze della pandemia emergono anche dati positivi – aggiunge il Prof. Babudieri – Il tema cronico del sovraffollamento, che costituiva una minaccia proprio per una potenziale diffusione del Covid, e’ invece andato incontro a un notevole miglioramento: si è passati dal 20,3% al 6,6%, poiche’ non vi e’ stato il normale turn over dovuto all’assenza di arresti nel periodo del lockdown. Più precisamente, al 31 gennaio 2020 nei 190 istituti penitenziari italiani vi era una capienza di 50692 (dati ufficiali del Ministero della Giustizia) e 60971 detenuti presenti, con un surplus quindi di 10279, pari al 20,3%. Adesso a fronte di una capienza di 50574 posti letto, i detenuti effettivi sono 53921, con un sovraffollamento sceso a 3347, ossia il 6,6%, mostrando dunque un calo radicale. Questo però deve imporci controlli sempre più accurati, perchè la popolazione ristretta è praticamente tutta suscettibile al Coronavirus ed in più in questo ambito sappiamo come sia cronicamente elevata la circolazione di altri virus, in particolare epatitici come Hcv. Ne consegue che in questa nuova fase dell’epidemia COVID divenga mandatoria l’esecuzione dei test combinati Hcv/Covid nei 190 Istituti Penitenziari Italiani”.

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IL DISAGIO PSICHIATRICO DOVUTO ALLA PANDEMIA 

Il Covid-19 ha evidenziato,

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