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Africa, avanti con la ‘grande muraglia verde’: ma 18 milioni di ettari non bastano

ROMA – Creare posti di lavoro, migliorare la rete infrastrutturale della regione del Sahel, rilanciare gli investimenti nella scuola, dando speranze ai giovani ed eliminando le cause profonde che alimentano gruppi armati e instabilita’. Sono solo alcune delle ricadute della Grande muraglia Verde, un progetto che entro il 2030 mira a sottrarre alla desertificazione 100 milioni di ettari tra il Senegal, all’estremita’ occidentale del Sahel, e Gibuti, nel Corno d’Africa.

A evidenziarle sono stati ieri i ministri degli 11 Paesi fondatori dell’iniziativa e i rappresentanti di diverse organizzazioni coinvolte nel progetto, in occasione della presentazione del primo rapporto sullo stato dei lavori della Grande muraglia.

Il progetto era stato approvato dalla Comunita’ degli Stati del Sahel e del Sahara (Cen-Sad) nel 2005 ed e’ partita due anni piu’ tardi, nel 2007. Obiettivo: costituire una fascia di territorio rigenerato e fertile lunga 7.600 chilometri e larga almeno 15, che faccia da argine all’avanzare del deserto conseguenza di cambiamenti climatici e riscaldamento globale. Ma anche ripensare l’idea di sviluppo, in un’ottica olistica che tenga in conto la stretta connessione tra rischi ambientali e condizioni socio-economiche.

In 13 anni di lavoro, si legge nel rapporto, sono stati rigenerati circa 18 milioni di ettari di terra (13 milioni quelli agricoli utilizzati in Italia, secondo stime di Coldiretti, ndr).

I lavori di risanamento del suolo e la nuova vita donata agli ecosistemi coinvolti hanno creato circa 350.000 posti di lavoro, generando un indotto da 90 milioni di dollari.

Secondo Amina Mohammed, vicesegretaria generale delle Nazioni Unite intervenuta alla conferenza di presentazione del dossier, e’ pero’ “troppo poco”. La dirigente dell’Onu, che al progetto partecipa con diverse agenzie, con capofila quella specializzata nella lotta alla desertficazione, Unccd, ha evidenziato che e’ necessario fare di piu’, soprattutto per le difficolta’ aggiuntive causate dalla pandemia del nuovo coronavirus.

“Il Covid-19 ha cambiato le nostre vite” ha detto Mohammed. “Dobbiamo modificare le modalita’ di risposta alle crisi e trovare altri modi per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu sullo sviluppo sostenibile”.

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