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In Sudan stop alla pena di morte per apostasia

ROMA – Abolizione della condanna a morte per il reato di apostasia e revoca del divieto per i non musulmani di bere alcol: sono alcune delle riforme annunciate in Sudan dal ministro della Giustizia Nasredeen Abdulbari. 

La condanna a morte per il reato di apostasia, vale a dire per la conversione dall’islam a un’altra religione, era prevista dal Codice penale ispirato alla “sharia” in vigore dal 1991. “Abbiamo abrogato l’articolo 126 del testo e abbiamo garantito la libertà religiosa e l’uguaglianza dei cittadini e lo stato di diritto” ha detto il ministro, in un’intervista trasmessa in televisione nel fine-settimana. Secondo Abdulbari, con la riforma sono aboliti “tutti gli articoli che hanno portato a discriminazioni” e “violazioni dei diritti umani” in Sudan. 

Del reato di apostasia e della condanna a morte prevista si era parlato anche all’estero piu’ volte negli ultimi anni. Tra i casi piu’ capaci di mobilitare l’opinione pubblica quello di Meriam Yehya Ibrahim Ishag, una giovane condannata all’impiccagione nel 2014 per aver sposato un marito cristiano nonostante la fede islamica del padre: la donna, che aveva dato alla luce una bimba in carcere, si era salvata lasciando Khartoum per Roma a bordo di un aereo del governo italiano. Durante l’intervista in tv, nel fine-settimana, Abdulbari ha fatto riferimento anche alle nuove norme che puniscono con tre anni di carcere chi pratichi Mutilazioni genitali femminili (Mgf). 

Le riforme in Sudan stanno segnando una fase di transizione avviata dopo le proteste di piazza che nell’aprile 2019 hanno costretto alle dimissioni, dopo 30 anni, il presidente Omar Hassan Al-Bashir.

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