ROMA – Produrre cannabis per uso medico e scientifico, nella regione della Colombia ritenuta epicentro della produzione illegale della pianta sotto il controllo del narcotraffico: a proporlo la comunità nativa dei misak, che a maggio è diventato il primo popolo originario a ottenere la licenza per la coltivazione dal ministero della Giustizia di Bogotà.
I NATIVI MISAK CON LICENZA DI COLTIVAZIONE
I misak, che vivono nella regione meridionale di Cauca, affacciata sull’Oceano Pacifico, sperano di poter cominciare la semina già dall’inizio del prossimo anno. A occuparsene direttamente saranno 100 nativi, mentre indirettamente saranno impiegate 500 persone tra misak, contadini e colombiani di discendenza africana.
Per arrivare a questo traguardo l’iter non è stato semplice. I nativi hanno dovuto prima raccogliere gli oltre 10 milioni di pesos, poco più di 2.300 euro, necessari per ottenere l’autorizzazione dal governo. Una volta messa insieme la cifra hanno dovuto creare una società, la Sociedad Pharma Indigena Misak “Manasr”: in lingua locale “la pianta che mette in contatto l’essere umano con l’essere che cura”.
La leader indigena Liliana Pechenè ha detto al quotidiano locale El Tiempo che il progetto ruota attorno a una pianta che i nativi “hanno usato come medicina fin dagli albori” e rappresenta per la comunità una “grande sfida e un’opportunità”. Pechenè ha sottolineato l’importanza che potrebbe avere l’iniziativa per “costruire la pace” nella regione di Cauca, “stigmatizzata per le coltivazioni illegali e un conflitto” che va avanti da anni e vede coinvolti trafficanti, governo, movimenti sociali e milizie paramilitari.