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Paulescu: “Io, ex rifugiata finita nel limbo della burocrazia”

ROMA – “Ho impiegato otto anni per ottenere la cittadinanza italiana, che mi hanno infine riconosciuto a gennaio 2019. Da allora pero’, per problemi tecnico-burocratici, non mi sono stati rilasciati i documenti quindi non posso fare viaggi all’estero o votare. I miei vecchi documenti pero’ non sono piu’ validi, percio’ sono finita in un limbo e la cosa peggiore e’ che sembra che per l’Italia io non esista”.

Diana Paulescu, ex rifugiata di 30 anni giunta nel nostro Paese dalla Romania a nove mesi, racconta la sua vicenda all’agenzia Dire, e ci tiene a chiarire subito: “Il mio non e’ un caso isolato. La maggior parte delle persone che fanno richiesta della cittadinanza devono affrontare lunghe attese, pratiche burocratiche costose e complesse e imprevisti che spesso sono causati da leggi che invece di semplificare, complicano le procedure”. Per invocare la riforma della legge sul diritto di cittadinanza, Paulescu ha aderito al Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane (Conngi), che la scorsa settimana ha organizzato ‘Protagonisti! Le nuove generazioni italiane si raccontano’.

La quarta edizione del festival, a causa dell’emergenza Covid-19, si e’ svolta online ed e’ stata seguita da 9.000 persone, segnale che il tema e’ quanto mai attuale. Tra i relatori, anche nomi della politica come la senatrice di +Europa Emma Bonino o la deputata Pd Marilena Fabbri, da cui sono arrivati “messaggi di incoraggiamento” dice Paulescu, che osserva: “Associazioni come Conngi continuano a chiedere il dialogo con le istituzioni e mettono a disposizione i propri professionisti per trovare soluzioni. Abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca al governo fare un passo coraggioso”.

Le trafile burocratiche, ribadisce Paulescu, sono “sfibranti per tutti”, ma il suo caso presenta una particolarita’: il fatto di essere originaria di un Paese dell’Unione europea. La Romania e’ membro dal 2007, ma tra 1989 e il 1990 e’ stata attraversata da una rivoluzione, con la caduta del governo di Nicolae Ceausescu. La burocrazia pero’ non tiene conto della storia e cosi’, continua Paulescu, “il sistema e’ andato in tilt dal momento che la Romania non figura nella lista dei Paesi da cui provengono i rifugiati”. Cio’ ha comportato, per Paulescu e i genitori, il rinnovo annuale del permesso di soggiorno anche dopo l’ingresso di Bucarest nell’Ue, nonostante non sarebbe necessario per i cittadini comunitari. Un “cortocircuito burocratico” rispetto al quale “gli uffici hanno reagito decidendo di non rilasciarci piu’ il rinnovo,

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