ROMA – “Era chiaro che io ero preoccupato, perche’ c’erano state delle rivolte che pensavo potessero essere organizzate a un livello piu’ alto di quelli che salgono sui tetti. Poi conseguono le scarcerazioni” di soggetti al 41-bis e “io in quel momento mi sono preoccupato e anche abbastanza arrabbiato”. Lo dice il Consigliere Nino Di Matteo, consigliere del Csm, durante l’audizione in Commissione Antimafia raccontando perche’ dopo due anni di silenzio il 3 maggio scorso nella trasmissione di Giletti “Non e’ l’Arena” ha deciso di parlare della vicenda della sua mancata nomina al Dap dopo un ripensamento nel 2018 da parte del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
“E’ chiaro che quello che stava accadendo con le scarcerazioni- dice Di Matteo– a me faceva ricordare delle vicende processuali che a Palermo abbiamo vissuto e approfondito. Mi preoccupava sostanzialmente il dato di una sostanziale analogia tra quanto avvenne nel 1993- questo lo scrivono le sentenze definitive- quando ci sono delle stragi in contemporanea a Roma e Milano tanto da far ritenere al presidente del Consiglio che era in corso un colpo di Stato, e che quelle stragi venissero fatte in funzione di ricatto allo Stato per alleggerire il 41-bis“.
“Effettivamente nel processo trattativa Stato-Mafia, noi apprendiamo dai vertici dello Stato, e lo disse Giorgio Napolitano, che tutti i vertici dello Stato ritenevano che quelle bombe fossero un ‘aut aut’ per alleggerire il circuito penitenziario. Poi, di fatto, dal primo novembre del ’93 accadde” con le scarcerazioni, dice Di Matteo.
DI MATTEO: BONAFEDE MI PARLÒ DI PRESSIONI, CASO ISTITUZIONALE
“Io non sono pentito di avere raccontato la verita’ perche’ a questo punto la vicenda, che non riguarda piu’ certamente la mia aspirazione a dirigere il Dap, non e’ solo una vicenda mia personale ma diventa ora una vicenda che ha implicazioni istituzionali”. Lo dice il Consigliere Nino Di Matteo, consigliere del Csm, durante l’audizione in Commissione Antimafia.
“Nel momento in cui, nel giro di 22 ore, ci fu quel dietro front” (dal momento in cui Alfonso Bonafede lo chiamo’ per proporgli la guida del Dap il 19 maggio 2018 al 20 maggio quando Di Matteo ando’ nel suo ufficio in via Arenula) “e mi dice per quell’altro posto” da direttore degli Affari penali “non ci saranno dinieghi o mancati gradimenti che tengono,