BOLOGNA – Se il territorio di Bologna non riuscirà a mantenere nel futuro la sua capacità di attrarre persone dal resto d’Italia e dall’estero, è destinato a perdere quasi 70.000 cittadini nell’arco dei prossimi 15 anni. E un primo esempio lo ha consegnato l’emergenza covid: nei tre mesi di lockdown, con i limiti imposti agli spostamenti, la sola città di Bologna “ha perso 1.300 persone“. A segnalarlo è il demografo Gianluigi Bovini, ex direttore dell’ufficio statistico del Comune di Bologna, ieri durante la seconda giornata di incontri sul futuro del capoluogo emiliano organizzati dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli e coordinati da Romano Prodi.
Stando agli scenari demografici al 2033 elaborati da Bovini, per l’area metropolitana di Bologna si prevede nei prossimi 15 anni una crescita moderata della popolazione di circa 31.000 abitanti. Questo aumento però è frutto solo di un saldo migratorio positivo di 97.500 persone al 2033. “Ogni anno arrivano 15.000 persone che prendono residenza in città- spiega Bovini- 9.000 italiani e 6.000 stranieri”.
Senza questo afflusso di persone da fuori Bologna, il capoluogo emiliano e la sua provincia avrebbe un calo di 67.000 abitanti. La popolazione bolognese infatti risente di un forte squilibrio tra natalità e mortalità, con un rapporto di 65 bambini ogni 100 decessi. Rapporto destinato a peggiorare nei prossimi anni. A questo si aggiunge il progressivo invecchiamento della popolazione: oggi Bologna conta 245.000 persone oltre i 65 anni e nel giro di 15 anni ce ne saranno 50.000 in più.
A conti fatti, sostiene dunque Bovini, “se viene meno la capacità attrattiva di Bologna, che cosa potrebbe succedere lo abbiamo visto durante il lockdown: solo negli ultimi tre mesi la città ha perso 1.300 persone”. Bovini segnala poi che questa “fragilità demografica si traduce in fragilità sociale ed economica“, con una concentrazione di problemi soprattutto nell’area della montagna e in alcune altre zone della provincia, capoluogo compreso. Prima di tutto l’aumento dei grandi anziani, che le statistiche prevedono più spiccato nei Comuni dell’area metropolitana rispetto al capoluogo,