“Non riconoscere i diritti alle seconde generazioni crea asimmetrie di potere e diseguaglianze, che non fanno che alimentare il razzismo”, denuncia il Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane
ROMA – “Negare il riconoscimento dei diritti alle seconde generazioni e alle persone con background migratorio sancisce asimmetrie di potere e diseguaglianze, che non fanno che alimentare il razzismo“, ossia quello stesso fenomeno “contro cui in questi giorni abbiamo visto manifestazioni in tante piazze italiane dopo l’uccisione negli Stati Uniti di George Floyd. Ma è giunta l’ora che anche l’Italia affronti i suoi nodi, a partire dai partiti politici, che al momento ignorano questo mondo e invece si dovrebbero interessare”. Lo ha dichiarato Camilla Bencini dell’ong Cospe, intervenendo al panel online ‘Il diritto di voto alle elezioni locali’, evento che ha inaugurato la quarta edizione di ‘Protagonisti! Le nuove generazioni italiane si raccontano’, organizzato dal Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane (Conngi).
QUELL’8% DELLA POPOLAZIONE CHE PRODUCE IL 9% DEL PIL E NON VOTA
Il seminario è stato occasione per discutere con esperti del settore la mancanza di un diritto che coinvolge “5.255.000 stranieri, pari all’8 per cento dell’intera popolazione, come riferiscono dati Istat di gennaio 2019″: lo ha sottolineato Yohan Saparamadu, di Conngi, aggiungendo che queste persone lo scorso anno “hanno prodotto 139 miliardi di euro, ossia il 9 per cento della ricchezza nazionale, stando a un rapporto della fondazione Leone Moressa. Eppure non possano votare”.
“NO TAXATION WITHOUT REPRESENTATION”
Francesca Biondi Dal Monte, docente di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha ricordato che in Italia a tutti “viene chiesto di osservare i doveri fiscali. Ma come dice un antico detto anglosassone, ‘no taxation without representation’, non si può tassare un cittadino che non è rappresentato“.
Guardando alla Costituzione, continua la docente Biondi Dal Monte, “se la sovranità appartiene al popolo, bisogna estendere il voto a livello locale, nonché la possibilità di candidarsi, un diritto che andrebbe riconosciuto a prescindere dalla cittadinanza. Alcuni Stati ad esempio lo accordano dopo 3 o 5 anni di residenza permanente”.