Cinema, dal villaggio all’università: Samira e il sogno dell’indipendenza

È “una storia di elevazione”, ‘Il sogno di Samira’, lungometraggio di 88 minuti diretto e prodotto dal regista Nino Tropiano

ROMA – Non vuole smettere di studiare Samira. A 21 anni, tra le umili dimore dei pescatori di Nungwi, villaggio dell’estremo lembo settentrionale dell’isola di Zanzibar, sogna l’universita’, un lavoro, una famiglia tutta sua, l’indipendenza.
E confida ad alta voce alla mamma, morta quando lei era solo una bambina, le fantasie sul suo futuro e i momenti di sconforto, la pesantezza dei lavori domestici e la mancanza di attenzione di ‘baba’, come chiama in lingua swahili il suo papa’, che, dopo essere rimasto vedovo, si e’ sposato altre due volte.

È “una storia di elevazione”, ‘Ndoto ya Samira‘, ‘Il sogno di Samira‘, lungometraggio di 88 minuti diretto e prodotto da Nino Tropiano, regista e produttore di Monopoli laureato alla scuola nazionale di cinema di Dublino con all’attivo il cortometraggio d’esordio ‘The Fall’ e tre documentari, ‘Mia figlia fa la Madonna’, ‘Riunione di classe’ e ‘Chippers’.

Proiettato in estate al festival di Zanzibar, a Dar es Salaam in Tanzania, al Pan African Film Festival di Los Angeles e, in Italia, al Rome Independent Film Festival, il documentario era in proiezione special al 73esimo festival di Cannes in occasione del Pavillion Afrique Officiel, cancellato a causa della pandemia. Ma in realta’ e’ destinato a rimanere “nel cuore di ogni ragazza, specie in Africa”, perche’, nei sogni di Tropiano, c’e’ un tour di proiezioni “in giro per i villaggi piu’ sperduti della Tanzania“.

“L’incontro iniziale con Samira, che in arabo significa ‘Colei che e’ di piacevole compagnia‘, e’ stato fondamentale- racconta all’agenzia di stampa Dire il regista- Ero con una delle cameramen del progetto, Vittoria Fiumi (successivamente si e’ avvicendata Pina Mastropietro), inizialmente eravamo turisti a Nungwi, dopo un paio di giorni abbiamo cominciato la ricerca. All’ingresso del villaggio, sotto un albero, si spiegava di fronte a noi un’immagine di altri tempi: un gruppo di ragazze intente a studiare.

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