ROMA – Si chiama “Docteur Car” e non è un medico tra tanti. Parla quattro lingue ed è un robot. Comandato a distanza, fluente in inglese, francese, pulaar e wolof, si sposta nelle stanze di isolamento portando farmaci, cibo e termometri. Input da remoto, perché ai tempi del nuovo coronavirus contatto vuol dire rischio di contagio. “L’idea è stata ridurre le interazioni dei medici con i malati che presentano sintomi lievi” ha spiegato uno degli inventori, Mohamed Gueye, studente di ingegneria meccanica a Dakar, all’Ecole Superiore Polytechnique dell’università Cheikh Anta Diop.
“Attraverso una app, dalla sala di controllo, ‘Docteur Car’ può essere pilotato a distanza e rivolgersi ai pazienti in più lingue”. Del robot si legge sull’ultimo numero della rivista ‘Oltremare’.
Messo a punto grazie al contributo dell’ingegnere elettronico Ismaïla Deme e dell’esperto in telecomunicazioni Mouhamadou Lamine Kebe, il progetto è stato presentato al Centre des Operations Sanitaire gestito dal ministero della Salute del Senegal: con un successo tale che è stato poi messo subito alla prova all’Hopital National de Fann, centro di riferimento universitario per le malattie infettive dove oggi sono i ricoverati pazienti affetti dal Covid-19. Nella struttura, con un bacino di utenza di un milione e mezzo di persone, con al lavoro oltre 600 operatori, tra i quali 114 medici e 361 infermieri, “Docteur Car” si sposta di stanza in stanza. Finendo tra l’altro anche su Covid-Free Partecipatory Toolkit, un portale nato in Italia per raccontare e sostenere le soluzioni dell’Africa nella lotta al coronavirus. All’Ecole Superiore Polytechnique, prima che il robot fosse dotato di telecamere e istruito in quattro lingue, era stata avviata la produzione di gel idroalcolico.