AGI – Tra vent’anni si sarà ridotto della metà, tra trenta sarà la metà della metà. Poi sempre meno, poi più niente, e allora in questo mondo violento e mercenario del profumo di Dio non ci sarà più nemmeno traccia. Svanito nel nulla, sparito dalla faccia di una Terra che, se non ci sbrighiamo a trovare il rimedio, sarà secca e arida perché da essa non si leverà verso il Cielo la sua fragranza più nobile e sacra.
E allora sarà non Eden, ma bolgia di esalazioni, officina di Messer Satanasso, fabbrica di orchi tolkeniani al servizio del traditore Saruman e della sua testa fatta di metallo e di ingranaggi. Potenza del profumo, miracolo dell’incenso: trasforma l’ignobile nel sublime, l’umano nel trascendente, il troppo umano nel divino. Speriamo sopravviva, ma non è mica scontato.
Lo si legge in una rivista specializzata, “Nature Sustainability”: di incenso ce n’è sempre meno, lo si produce quasi a stento e ne consuma troppo. Il duplice assunto dà, alla fine dell’equazione, un pari a zero. È solo questione di tempo.
Un prete ortodosso celebra una preghiera in memoria delle vittime dell’esplosione nella metropolitana di San Pietroburgo in una cappella alla stazione ferroviaria di Leningradsky a Mosca (foto Afp)
Lo si produce tra Somalia, Yemen, Etiopia, Sudan e India settentrionale. Non c’è una di queste lande che non sia piagata dalla guerra, o almeno non sia a forte rischio. Campi distrutti, raccolti bruciati, commercio in nero. Nemmeno fosse oro, o rame. Lande che sanno di racconti straordinari e di viaggi avventurosi