ROMA – I trapianti di faccia sono interventi chirurgici rari e straordinari: il primo in assoluto fu eseguito nel 2005 in Francia su una donna di 38 anni, mentre in Italia se ne conta solo uno. Ma quanti ne sono stati eseguiti ad oggi e quali sono stati i progressi tecnici da allora? A queste e ad altre domande ha risposto Massimo Cardillo, direttore del Centro nazionale Trapianti, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia Dire.
“Parliamo di una terapia di frontiera ancora sperimentale, quindi nonostante gli anni passati dal primo intervento complessivamente nel mondo ne sono stati eseguiti circa una quarantina- ha spiegato Cardillo- In Italia c’è stato un unico caso di trapianto di faccia, eseguito nel 2018 da una equipe dell’ospedale Sant’Andrea di Roma su una donna con una patologia di tipo genetico che determina una grave deturpazione facciale, con conseguenze non solo estetiche ma anche funzionali. Il protocollo italiano per questo tipo di intervento è quindi ancora sperimentale e, a differenza di altre terapie ormai consolidate, questo deve essere valutato adeguatamente soprattutto nei risultati”.
Dietro ad un trapianto di faccia c’è moltissima ricerca, soprattutto anatomica. Com’è messa l’Italia rispetto all’Europa e al resto del mondo? È sufficiente il numero di chirurghi impegnati in questo ambito? “Essendo una procedura sperimentale non è ancora diffusa sul territorio nazionale, quindi le equipe chirurgiche che se ne occupano sono sostanzialmente limitate. A parte l’esperienza del Sant’Andrea del 2018, con un intervento coordinato dal professor Fabio Santanelli di Pompeo e dal professor Benedetto Longo, ci sono collaborazioni con altre equipe italiane ma sicuramente siamo ancora in un ambito sperimentale ristretto. Il trapianto di faccia è un intervento complesso perché si vanno a trapiantare tessuti molto diversi tra di loro, per cui sono richieste competenze di microchirurgia piuttosto particolari, che non sono facilmente riscontrabili sul territorio nazionale. Credo che, una volta stabiliti dei risultati più consolidati, si potrà divulgare questo tipo di terapia anche in modo più esteso. Ma non siamo ancora in quelle condizioni”.
Ma come ci si esercita su interventi così complessi? “La pratica si fa più in generale, non riguarda esclusivamente il trapianto ma tutte le tecniche di microchirurgia. Questo perché per eseguire un trapianto di faccia si vanno a trattare tessuti molto complessi e diversi tra di loro,