ROMA – “Non parlo da candidato, ma provo angoscia a vedere Roma ridotta così. Credo sia giusto che chi fa parte di una città, di una comunità voglia impegnarsi. Quando deciderò, lo dirò. Ma ho bisogno di pensarci duemila volte”. Massimo Giletti non si nasconde più. È lui il candidato sindaco del centrodestra a Roma? Non si lancia ma non smentisce. Chissà se è stato proprio Matteo Salvini a chiedergli di correre per il Campidoglio. “Me l’ha chiesto sua santità- scherza lui mentre s’infila nell’auto blu che lo porta via dopo aver moderato un dibattito alle Officine Farneto- per migliorare Roma c’è bisogno di un santo…”.
Sorride, ma pochi minuti prima sul palco del congresso Anpit aveva quasi rubato la scena al presidente dell’Istat Blangiardo e al ministro Boccia.
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Tra una domanda e l’altra agli ospiti, Giletti parla di sé e di come quest’Italia governata da Cinque stelle e Pd sia “alla deriva, senza più senso di responsabilità o morale”.
Alla vigilia della probabilissima discesa in campo di Carlo Calenda nel centrosinistra, Giletti ricorda i trascorsi da “operaio” nell’azienda tessile del papà: “Gli operai non sono altro da noi- spiega alla platea di imprenditori- ma quanti imprenditori si sono tolti la vita in questi anni? Gli imprenditori devono sedersi ai tavoli, ai tavoli deve sedersi chi produce lavoro. Questi miliardi europei arriveranno davvero?”.
Poi, incalza: “Quando sento Conte dire ‘se va male non ci voterete più’, mi preoccupo molto. Se va male, va male per tutti. Abbiamo parlato tanto di banchi a rotelle e non di sanità, non siamo neanche riusciti a scaglionare gli ingressi nelle scuole. Se continuiamo a parlare di progetti sui monopattini invece di fare cose serie e strutturali, qui andiamo a casa tutti, finiremo come l’Argentina“.
Arriva Boccia, juventino come lui. Scherzano sulla cravatta del club bianconero indossata dal conduttore di La7. Anche ora, col ministro presente che parla di tamponi e terapie intensive,