In Myanmar ci sono però già diversi siti che sono stati inseriti nella lista dell’Unesco. Tra questi ce ne sono almeno due, ha specificato Kim, che sono diventati patrimonio dell’umanità “anche grazie alla collaborazione con la cooperazione italiana”. La responsabile spiega che si parla di due luoghi con caratteristiche molto diverse.
Il sito che per primo è stato inserito nella lista, nel 2014, sono le antiche città-Stato di Pyu. “Sono localizzate in diverse parti del centro e del nord del Paese e sono difficili da raggiungere” dice Kim, che specifica: “Al momento, quella dove è più facile arrivare è Sri Ksetra, importante centro commerciale fondato fra il quinto e il settimo secolo, si trova a quattro ore di auto dalla capitale Yangon”. Kim ha sottolineato infatti che ancora “mancano alcune delle infrastrutture necessarie, soprattutto le strade”. Un elemento, questo, che ha portato “anche un po’ di delusione nella comunità locali”. Quello che potrebbe sembrare un aspetto solo negativo presenta però anche lati favorevoli, secondo la dirigente: “Sono sicuramente luoghi più al riparo dalla possibilità di andare incontro a un turismo incontrollato, che spesso ha un impatto negativo in termini sociali e anche di distribuzione della ricchezza”.
Più noto e visitato invece il secondo sito divenuto patrimonio dell’umanità, l’anno scorso: l’antica città di Bagan, capitale per secoli di diversi regni birmani, situata nel centro del Paese. Kim dice che “nella zona limitrofa al sito si trova un aeroporto e ci sono diversi hotel”. Nonostante questo, Bagan è meno visitato di alcune importanti località dei Paesi della regione, su tutti Cambogia e Thailandia. “La speranza – dice Kim – è che in questo caso si possano apprendere solo le pratiche migliori dei nostri vicini, e creare un modello efficiente”. Un invito, quello a migliorare la gestione del turismo, che assume un’importanza particolare durante la pandemia. Anche in questo caso, una situazione apparentemente negativa potrebbe portare stimoli nuovi. “Si può ripartire quasi da zero, almeno in termini di presenze” dice Kim. “E’ un’occasione per ripensare il modello di turismo e proporne uno più sostenibile dopo che tutto sarà finito”.