VIDEO | Salute mentale, la denuncia: “Le pratiche coercitive sono ancora diffuse nei servizi psichiatrici”

Il 10 ottobre è la Giornata mondiale della salute mentale. Gisella Trincas, presidente dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale (Unasam) interviene sul tema

ROMA – Le pratiche coercitive vengono utilizzate “nella maggioranza dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura. Queste pratiche significano legare le persone al letto, alla poltrona o farle camminare con i polsi legati, senza mai slegarle“. La denuncia, in vista della Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre, viene da Gisella Trincas, presidente dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale (Unasam). 

“Poi- prosegue- ci sono alcuni di questi centri che fanno parte della rete ‘no restraint’ che non legano nessuno, che hanno le porte aperte e non applicano sistemi coercitivi. Se esistono realtà del genere in alcune Regioni d’Italia- osserva Trincas- non si capisce perché non debba essere così anche nel resto del Paese”. 

L’utilizzo delle pratiche coercitive è diffuso anche in altre realtà, spiega la presidente di Unasam. “I pazienti vengono legati pure nelle comunità terapeutiche, nelle grandi concentrazioni di sofferenza che possono accogliere fino a 200 o 300 persone e ancora esistono. Così anche nelle RSA, nelle strutture per anziani e i minorenni nelle comunità. Questo fenomeno grave non si riesce a fermare. Si può farlo con delle disposizioni chiare, che devono dire che queste pratiche non sono terapeutiche ma, al contrario, anti-terapeutiche e illecite- puntualizza Trincas- e che devono essere interrotte se vogliamo continuare a chiamarci il Paese della 180″. 

Con l’arrivo del Covid e delle misure restrittive, anche per i pazienti di queste realtà, “tali pratiche sono ancora più accentuate- chiarisce la presidente di Unasam- le persone sono più chiuse di prima in queste realtà e riceviamo segnalazioni continue da parte dei familiari che non riescono a vedere i loro cari o li vedono attraverso un pannello di plexiglass senza poterli toccare o abbracciare. Questo sta capitando spesso anche a genitori che vanno a trovare i propri figli che sono in comunità, a volte lontano o molto lontano dalla Regione di residenza della famiglia,

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