Una riflessione sul suicidio di un undicenne, a Napoli
NAPOLI – Il suicidio è un atto che convenzionalmente non si comprende. L’autolesionismo assoluto, la determinazione di spingersi verso il non ritorno, il darsi la morte portano però a interrogarsi sulle ragioni del perchè lo si scelga. Cosa porta un undicenne a gettarsi nel vuoto? Mentre procura e polizia postale indagano su quanto accaduto nella notte fra lunedì e martedì a Napoli, ipotizzando il reato di istigazione al suicidio, i media veicolano riflessioni e propongono spiegazioni. E allora, spazio ai suggerimenti per mettere a sistema l’educazione digitale nelle scuole, come alle paternali indirizzate a genitori rei di essere incapaci di comprendere i propri figli nativi digitali. Sarà vero? Servirebbe che la pedagogia si rifacesse a questi nostri tempi così istantanei più che ai manuali? Certamente il buon senso gioverebbe, come giova sempre e comunque. Altrettanto gioverebbe non accessoriare ciò che è già un dramma. Le colpe, le cause, le ragioni e le pecche potrebbero non essere contenute in uno o diversi giochi online. La comprensione di un suicidio merita tempo per gli inquirenti e quel tempo potrebbe comunque non essere mai abbastanza per chi una scelta suicida la subisce e continua a vivere senza la pacificazione che è figlia della rassegnazione.
1 Ottobre 2020
2020-10-01T07:34:29+02:00
2020-10-01T07:34:30+02:00