Covid-19, popolazione più a rischio? Uno studio rivela che sono giovani e anziani

ROMA – “Gli individui piu’ giovani e gli anziani presentano una maggiore vulnerabilita’ sociale rispetto alla fascia di persone di mezza eta’“. Di certo, il mix “isolamento sociale, solitudine e scarsa resilienza ha reso gli italiani vulnerabili ancora piu’ fragili”. È questo il punto di partenza emerso da una ricerca longitudinale su 1.259 cittadini di tutta Italia, condotta dallo IUSS di Pavia.

L’indagine, dal titolo ‘Identifying frail populations for disease risk prediction and intervention planning in the Covid-19 era: a focus on social isolation and psychosocial vulnerability’ (preprint su PsyArXiv, DOI: 10.31234/osf.io/fpvkr), e’ stata portata avanti dalle ricercatrici Chiara Cerami, neurologa dello IUSS e della Fondazione Mondino, e Chiara Crespi, dell’Universita’ di Pavia, per valutare il profilo di fragilita’ e di vulnerabilita’ sociale nella popolazione durante la prima fase del lockdown (14-31 marzo), ed esaminare in particolare le ricadute sul benessere psicofisico generale tanto in ambito familiare che lavorativo. Al pari della fragilita’ fisica, correlata all’eta’ e/o alla presenza di patologie pregresse, la vulnerabilita’ psicosociale e’ risultata un fattore di rischio in grado di determinare, in caso di infezione, un esito anche “piu’ grave– si legge nello studio- perche’ ha interagito sull’efficienza del sistema immunitario“. A sorpresa, sono piu’ vulnerabili i maschi rispetto alle femmine: “Le donne hanno reagito meglio durante il periodo della quarantena- chiarisce Cerami alla Dire- perche’ sono piu’ prattive non solo nel partecipare agli studi scientifici, ma anche ad utilizzare i canali social”. 

La fragilita’ tuttavia e’ un concetto ampio, tanto che “tra le persone fragili spuntano proprio i giovani- conferma la neurologa- che avendo interrotto bruscamente la loro vita di relazione sociale, hanno incrementato i livelli di stress e di tensione, quali fattori predisponenti ad alterazioni del benessere psicofisico”. È noto inoltre, secondo la neurologa, che la tenuta “dell’assetto immunologico dipenda pure dai livelli di stress individuale e che esistano tutta una serie di vulnerabilita’ che, se individuate in tempo, possono essere modificate attraverso l’attivazione di interventi precoci e la messa in opera di una rete sociale sostitutiva”.

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