Don Vito Piccinonna responsabile della Caritas diocesana di Bari e Bitonto commenta quanto accaduto in città, dove un neonato è stato lasciato dai genitori nella culla termica vicina alla chiesa di San Giovanni Battista
BARI – “Quanto accaduto stamattina fa venire a galla un bisogno sommerso che ci deve far riflettere su due aspetti. Uno riguarda la necessità che come comunità abbiamo di insegnare a saper chiedere aiuto. L’altro riguarda il nostro compito a prestare attenzione a ciò che ci circonda. Serve da parte di tutti un sussulto di solidarietà alla vita”. Così, alla Dire, don Vito Piccinonna responsabile della Caritas diocesana di Bari e Bitonto commenta quanto accaduto in città stamattina dove un neonato è stato lasciato dai genitori nella culla termica vicina alla chiesa di San Giovanni Battista nel quartiere Poggiofranco.
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“Prima di impressionarci sui motivi che hanno spinto i genitori del neonato a fare questa scelta dobbiamo pensare che ci sono tante famiglie che fanno fatica ad andare avanti ma che provano vergogna a raccontare i loro dolori– aggiunge- la crisi provocata dal coronavirus è stata sanitaria, economica, sociale ma anche psicologica e riveste di paura gesti ordinari. Le domande che ci poniamo sul futuro sono da sempre fragili ma adesso questa fragilità è accresciuta dal timore per ciò che verrà”.
La diocesi di Bari e Bitonto è composta da 700mila persone, “in media 15mila sono state seguite dai centri Caritas parrocchiali e diocesano. La pandemia ha fatto registrare un aumento di 8400 unità. Si tratta di gente che ha avuto il coraggio di bussare ai nostri centri ma che in molti casi ha provato imbarazzo”, racconta don Vito che è anche responsabile del santuario dei Santi Medici a Bitonto ed è tra i promotori del “Telefono amico”, attivato durante il lockdown.
“Parlare attraverso un apparecchio telefonico – dice – ha permesso a tanti di sfogarsi e di raccontare quale situazione stavano vivendo.