VIDEO | ‘Racconti dai luoghi dell’autismo’, un libro sulle difficoltà…

ROMA – “Molte terapie per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico si arenano non perché noi terapisti non sappiamo ‘cosa’ fare, ma perché non sappiamo ‘come’ stare con questi bambini. Con loro servono persone che si specializzino e che diventino speciali dentro, umanamente, perché le tecniche si possono imparare velocemente ma la dimensione umana va coltivata ed esige molta pazienza, umiltà e lavoro. Il ‘come stare’ implica che nel terapeuta ci sia molta competenza relazionale”. Così Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), introduce ‘Racconti dai luoghi dell’autismo – Casi clinici’, il nuovo libro pubblicato dalle Edizioni Magi. Una raccolta di testimonianze terapeutiche che parla del mondo psichico abitato dai bambini autistici da un altro punto di vista: quello del terapeuta.

LE DIFFICOLTA’ DELL’ADULTO TERAPEUTA

“Ci interessa sottolineare le difficoltà che un adulto sperimenta nell’incontrare il bambino- continua Di Renzo, entrando nel merito del progetto editoriale- siamo sempre molto indirizzati a definire le atipie, e questo è imprescindibile per poter comprendere il bambino, ma poi da un punto di vista relazionale ed emotivo è necessario affrontare la difficoltà che l’adulto terapeuta incontra quando si confronta con il non luogo, con il silenzio, con la non comunicazione e con il rifiuto. Ritengo che non elaborare questi temi- sottolinea la psicoanalista- non consenta di capire il bambino fino in fondo”.

Tutti i casi clinici raccontati nel testo riguardano bambini che erano o che sono ancora in terapia con i professionisti dell’Istituto. “Sono dei racconti che contemplano una visione del bambino a tutto tondo- sottolinea la psicoterapeuta- e in queste storie abbiamo voluto raccontare quel momento un po’ speciale che Daniel Stern ha definito ‘il moment’, in cui dopo tanto lavoro succede qualcosa. Perché come terapeuti quello che cerchiamo di fare è trovare l’autenticità, la vivacità del bambino”. Questa ricerca spesso può essere lunga e faticosa, “a volte significa dover convivere con un silenzio ostinato o con i rifiuti, con le ossessioni- spiega Di Renzo- ma se si ha la capacità di reggere tutto questo e di capire fino in fondo che quell’atipia non la possiamo solo inquadrare come una disfunzione, ma dobbiamo comprenderne il senso profondo- aggiunge la responsabile del servizio Terapie dell’IdO- allora arriva la capacità di ridare dignità al sintomo del bambino e arriva l’incontro”.

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