Carpanelli premette che le crisi politiche “non sono una novità per l’Etiopia” e che, anche questa, nonostante l’intensità, ha tutta l’aria di essere “passeggera”. Per l’esperta, la lettura che è stata data da molti media occidentali non è corretta ed è condizionata da un pregiudizio comune sull’Africa. “Ci si è concentrati molto sulla questione delle comunità, gli oromo contro gli ahmara e cose simili – dice Carpanelli – mentre la crisi è figlia di una lotta di potere”.
In gioco ci sarebbe il ruolo guida di Abiy Ahmed, primo ministro e premio Nobel per la pace. Secondo la fondatrice di Panafrica, la speranza dei suoi oppositori è che “la situazione degeneri e diventi ingestibile”. Facilitare l’insorgere di una crisi di apparente natura comunitaria sarebbe la chiave per “far saltare i negoziati con l’Egitto per la diga sul Nilo”, nonostante, sottolinea Carpanelli, “la stragrande maggioranza del popolo etiope creda che usufruire delle acque del fiume sia un diritto ed è quindi dalla parte del premier”.
Tra i principali responsabili di questo disegno, secondo l’attivista, ci sarebbe Jawar Mohammed, imprenditore delle telecomunicazioni con cittadinanza americana, personalità di spicco tra gli oromo. Mohammed ora è in carcere, arrestato la settimana scorsa per il coinvolgimento nei disordini. Carpanelli lo definisce “un’analista politico acuto e carismatico”, ma soprattutto, un personaggio “pericoloso e ambiguo”. “Gioca di continuo la carta identitaria e poi ogni tanto si appella all’unità del popolo etiope” accusa la fondatrice di Panafrica.
“Sulla questione della diga dice di aver sempre sostenuto Abiy Ahmed ma la stampa locale ha più volte evidenziato la sua ambiguità di fondo”. Secondo Carpanelli, il primo ministro avrebbe dovuto prendere misure drastiche contro di lui, anche “dichiarandolo ‘persona non grata’ impedendogli l’ingresso del Paese, da cui entra ed esce vivendo soprattutto negli Stati Uniti”.
In questa prospettiva la repressione messa in campo da Abiy Ahmed è stata anch’essa frutto di una strategia politica precisa. “Lo hanno lasciato senza alternative” dice Carpanelli, secondo la quale il primo ministro “è spesso criticato per essere troppo democratico e poco autoritario”.