Covid, riapertura e rischio di nuovi lockdown: ecco impatto economico

ROMA – L’Italia è ormai nel pieno della fase 2 e si prepara alla riapertura totale dell’attività economica, nonostante la minaccia del Covid-19 non sia del tutto scomparsa. In questo contesto emerge la necessità di studiare l’impatto che il lockdown ha avuto e avrà sull’economia italiana e comprendere come sia possibile gestire al meglio la ripresa dell’attività economica tutelando la salute dei cittadini. Questo è particolarmente rilevante per essere preparati di fronte a possibili nuovi focolai dell’epidemia, che potrebbero costringere a chiudere di nuovo aree del nostro Paese.

Questo studio effettua un’analisi settoriale e regionale dell’impatto economico dell’emergenza Coronavirus con due finalità: valutare l’impatto economico delle misure di contenimento; fornire informazioni utili per gestire un nuovo lockdown (evento che potrebbe ripetersi in seguito a una possibile recrudescenza dell’epidemia) e la successiva riapertura dell’economia. La nuova analisi come la forte interdipendenza fra i settori produttivi e l’elevato dualismo dell’economia italiana impongano forti vincoli sulla gestione della ripartenza dell’attività economica dopo un lockdown.

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Mauro Napoletano, senior researcher presso l’osservatorio Ofce dell’Università Sciences Po e membro della task force spiega: “E’ necessario che quasi tutti i settori possano operare ad una percentuale tra il 60% e il 90% del loro livello storico medio, per raggiungere una produzione complessiva vicino ai livelli precedenti alla chiusura. Per questo motivo, sarebbe molto difficile immaginare eventuali nuove chiusure parziali delle attività economiche, senza evitare forti cadute della produzione”.

Lo studio mette quindi in luce come la ripresa economica debba, in modo necessario, andare di pari passo con il contenimento dei contagi, e come misure parziali avrebbero un significativo costo economico senza ridurre in maniera drastica il rischio epidemiologico. Il peso dei vari settori e delle varie regioni nel permettere al sistema economico di tornare a livelli di produzione precedenti la pandemia emerge come assai eterogeneo. Fabio Vanni, post-doctoral researcher presso l’osservatorio Ofce dell’Università Sciences Po sottolinea che “i contributi maggiori (diretti e indiretti) provengono da settori quali costruzioni, commercio all’ingrosso e al dettaglio, trasporti e magazzinaggio. Mentre i servizi di alloggio e ristorazione (che comprendono buona parte delle attività riconducibili al turismo) contribuiscono invece soltanto per il 3%,

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