In Turchia armi ai vigilanti di quartiere. Le oppozioni: “Erdogan si crea milizia paramilitare”

ROMA – La notte scorsa il parlamento turco ha approvato un disegno di legge che accorda ampi poteri ai “bekci”, i “vigilanti di quartiere”: fonti di stampa concordanti riferiscono che non meno di 28.000 persone in tutto il Paese saranno ora dotate di armi da fuoco e di poteri analoghi a quelli della polizia, tra cui la possibilità di fermare e ricercare i cittadini.

28.000 VIGILANTI DI QUARTIERE ARMATI

Il lavoro dei vigilanti di quartiere, una figura che esiste da decenni in Turchia, consiste nel pattugliare le strade di notte e di segnalare situazioni sospette o attività criminali alle forze dell’ordine, ma è la prima volta che vengono dotati di poteri così ampi.

IL FALLITO COLPO DI STATO DEL 2016

Le opposizioni hanno quindi duramente contestato l’iniziativa, accusando il presidente Racep Tayyip Erdogan di aver istituito “una milizia paramilitare leale al potere”. In aula, il dibattito tra favorevoli e contrari ha raggiunto toni molto accesi. I detrattori intravedono nella norma un ulteriore tentativo del presidente Erdogan di rafforzare i suoi poteri di controllo, a scapito dei diritti e della libertà fondamentali, un processo che sarebbe iniziato dopo il fallito colpo di stato del 2016.

ONG ARRESTED LAWYERS INITIATIVE: “È MILIZIA PARAMILITARE AL SOLDO DI ERDOGAN”

“Dal tentato golpe del 2016, il presidente Erdogan non si fida più di nessuno. Per questo ha sentito il bisogno di creare una forza armata composta da persone ignoranti ma fedeli. Dico ‘ignoranti’ perché ai vigilanti di quartiere, pur percependo un salario del 20 per cento più elevato di un insegnante, è richiesto solo il diploma di scuola superiore e non ricevono nessuna formazione specifica per il loro lavoro. Molti non sanno neanche come si maneggia un’arma e hanno provocato incidenti in cui cittadini sono rimasti feriti o uccisi”.

Ali Yildiz è un avvocato di origine turca residente a Bruxelles, membro dell’Ordine degli avvocati sia in Turchia che in Belgio, ma soprattutto è il presidente dell’Arrested Lawyers Initiative, una ong che denuncia arresti e persecuzioni a danno degli avvocati in Turchia e che in Italia gode del sostegno della Federazione italiana diritti umani (Fidu).

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