ROMA – “I cantieri ripartono, dureranno un anno. Entro maggio 2019 il raddoppio della Tiburtina sarà concluso”. Era il 13 aprile 2018 quando, davanti alla stampa riunita per le grandi occasioni, la sindaca di Roma, Virginia Raggi, insieme all’allora assessora i Lavori Pubblici, Margherita Gatta, poi sparita rapidamente dai radar, annunciò trionfante che le ‘magnifiche sorti e progressive’ della nota strada consolare che dalla Capitale porta a Tivoli erano cosa fatta e che, “grazie all’accordo sottoscritto” veniva “finalmente messa la parola fine su un contenzioso che durava da anni, con il prossimo riavvio dei lavori”. Le cose, però, non sono andate esattamente così. E oggi la Tiburtina si presenta come una strada infernale, divorata dall’usura del tempo, tra buche e avvallamenti, appesantita da un cantiere fantasma che causa enormi disagi e traffico senza sosta. Senza nemmeno un operaio a lavorare.
Per poterlo facilmente verificare basta imboccare la Tiburtina in direzione Settebagni. Appena prima del carcere di Rebibbia – siamo tra il chilometro 9 e il chilometro 15 – c’è il tratto più importante del grande cantiere per il raddoppio della strada partito nel 2008, tra la fine dell’era Veltroni e l’inizio dell’amministrazione Alemanno.
Lo scenario, a 12 anni dall’avvio dei lavori, è desolante. Il cantiere fantasma inizia appena ci si è lasciati alle spalle il grande nodo di scambio di Ponte Mammolo. All’altezza dell’incrocio con via Casal de’ Pazzi ecco apparire i primi ‘pollai’ arancioni, nome con cui i romani definiscono, in modo spregiativo, le famigerate reti traforate che delimitano le aree di cantiere della città. Qui la carreggiata opposta è ristretta e iniziano le prime gincane, strette dentro barriere di cemento armato alte mezzo metro. E lo scenario resta più o meno immutato fino all’altezza della fabbrica della Vitrociset, gruppo Leonardo-Finmeccanica.
Proseguendo, la situazione peggiora. All’altezza di un moderno palazzo ricoperto di cristallo, sede anche di associazioni sportive e del centro giovanile dell Figc, una corsia e mezzo della carreggiata a salire è letteralmente occupata da un’area di cantiere vuota.