ROMA – Esportare in Africa all’insegna di un approccio nuovo, che miri a creare contesti di partnership ampi e centrati sullo sviluppo delle realtà locali. Realtà di un continente in grande sviluppo, rallentato ma non bloccato dalla pandemia di Covid-19, dove entro cinque anni ci sarà una classe media di almeno 400 milioni di persone e dove sta per entrare in vigore un’area di libero scambio commerciale che coinvolge 53 Paesi. È questo il modello emerso dal webinar ‘Rilanciare l’export e l’internazionalizzazione verso l’Africa dopo il Covid 19’ organizzato dall’Italian Africa Business Week (Iabw).
53 SU 54 HANNO FIRMATO PER IL LIBERO SCAMBIO CONTINENTALE
Precondizione per poter avviare una nuova fase di scambi che abbia l’Africa al centro, però, è “modificare al più presto la percezione che si ha del continente”, sottolinea il segretario esecutivo della Piattaforma del settore privato della Guinea, Madane Dia. Il dirigente parla di un continente dove sta assumendo un ruolo sempre maggiore l’Unione Africana (Ua), organizzazione che “a breve svilupperà una potenza tale da poter lavorare sulle piattaforme delle esportazioni in modo specifico in ogni Paese”.
A rendere ancora più competitivo il continente, secondo i relatori, sarà l’accordo di libero scambio commerciale, ratificato da 53 Paesi su 54. L’entrata in vigore del patto era prevista per luglio ma la crisi provocata dal Covid-19 ne ha posticipato l’avvio. Secondo Giampiero Succi, co-responsabile della sezione Africa dello studio legale Bonelli Erede, la nuova area di libero mercato abbatterà i dazi doganali favorendo la nascita “di un grande mercato interno, costituito da Paesi in concorrenza tra loro per diventare mete ideali per gli investimenti stranieri, oltre ad hub commerciali anche per i Paesi vicini”.
Attirare investimenti dunque, ma con una nuova consapevolezza, sottolinea Khalid Chaouki, ex deputato del Partito democratico, oggi amministratore delegato di Kc Consulting: “È necessario sviluppare un percorso che deve andare oltre l’export o gli investimenti basati sullo sfruttamento di manodopera a basso costo, volto a creare un contesto di partnership che dia possibilità di sviluppo locale”.