ROMA – Ogni anno sono circa 750.000 i cittadini che affidano le proprie cure ospedaliere a strutture di regioni diverse da quella di residenza. Di questi, oltre il 90% si sposta per ricoveri acuti in regime ordinario (69%) e in regime diurno (23%). I saldi di mobilità e i dati sulla compensazione economica fra Regioni identificano la Lombardia e l’Emilia Romagna come le due regioni maggiormente attrattive; al lato opposto della classifica, invece, Campania e Calabria, a conferma dello storico fenomeno delle “fughe” da Sud verso Nord. Al netto dei flussi “fisiologici”, migliaia di persone risalgono l’Italia, sobbarcandosi spese spesso elevate, per sé stessi e per i propri accompagnatori, affrontando disagi di spostamento e ricoveri in solitudine, alla ricerca di cure di alta specializzazione o migliori o presunte tali. Tutto questo ha avuto un blocco a febbraio 2020 con lo scoppio dell’emergenza Covid.
Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75% dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario (tralasciando i day hospital), con quote più o meno elevate a seconda delle categorie diagnostiche. Da questo conteggio sono esclusi i ricoveri con diagnosi di tipo oncologico. Questo il principale risultato dell’analisi “Riprogrammazione degli interventi chirurgici, liste d’attesa e mobilità sanitaria: il Covid spingerà gli italiani a curarsi vicino a casa?”. In termini assoluti, considerando un blocco totale della attività programmate pari a due mesi e ad un periodo di ugual durata per la piena ripresa degli interventi, questo si tradurrà in circa 410mila ricoveri per interventi chirurgici da riprogrammare. Le quote di interventi rimandati variano sensibilmente a seconda della categoria diagnostica: le stime passano dal 56% dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell’apparato cardiocircolatorio alla quasi totalità dei ricoveri per patologie afferenti all’otorinolaringoiatria e al sistema endocrino, nutrizionale e metabolico. Un terzo degli interventi da riprogrammare riguarda l’area ortopedica, dove si valuta saranno 135mila i ricoveri per interventi chirurgici rimandati per l’interruzione e, alla ripresa, il rallentamento del servizio.