Il 9 dicembre si voterà sul Mes, il cosiddetto ‘salva stati’, che solo pronunciarlo fa venire l’orticaria al M5S, prima forza politica del Paese. In vista del voto si registrano due linee di pensiero: la prima, di chi si considera un gran furbo, dice che alla fine non accadrà niente, che i voti che mancheranno alla maggioranza arriveranno da altre parti visto che nessuno vuol tornare a casa e lasciare il bel posto in Parlamento prima del tempo; la seconda più preoccupata, perché sul Mes comunque si misurerà quanta forza resta all’attuale maggioranza che, subito dopo, avrà altre difficili e dure prove da superare, a partire dalla legge di Bilancio.
Il confronto all’interno della maggioranza è molto aspro. Oggi Beppe Grillo, garante supremo del Movimento, non solo ha stroncato il Mes giudicandolo “uno strumento inadatto ma anche del tutto inutile per far fronte alle esigenze del nostro Paese” ma ha gettato altra benzina sul fuoco chiedendo di prendere i soldi che servono “da Imu e Ici non versata sui beni immobili alla Chiesa e poi con una patrimoniale ai super ricchi”.
Nel Pd, seconda forza della coalizione, ormai è allarme rosso. “L’esecutivo va avanti- ha detto il ministro Francesco Boccia- finché c’è una maggioranza che ha una visione comune, come quella di avere una visione europeista, quindi dobbiamo confrontarci su che visione comune abbiamo. Altrimenti sarebbe il caso che le forze politiche si guardino in faccia e facciano le loro scelte”. Altro carico dal capogruppo Dem alla camera, Graziano Delrio: “Il Mes è uno strumento che si può decidere di utilizzare o meno, ma se dopo aver fatto attendere un anno l’Europa, ora l’Italia non dovesse procedere, rischia di perdere la sua credibilità… il fatto che alcuni parlamentari non intendano accettare questa modifica mette a rischio la maggioranza, soprattutto al Senato”.
Dal Quirinale si segue la vicenda con preoccupazione perché sarebbe impensabile rispondere con una pernacchia a chi in Europa sta lavorando per i 209 miliardi di euro stanziati per l’Italia.