Ex boss della banda della Magliana: “Omicidio Willy non è crimine fascista, ma ‘gomorrista’”

ROMA – “Quando li ho visti, ho pensato che ai miei tempi avremmo detto ‘ammazza come so larghi, questi nun li sbajamo proprio’. Due scemi così non potevano andare in giro”. Antonio Mancini, ex esponente della Banda della Magliana, contattato dall’agenzia Dire commenta la vicenda di Colleferro e la morte del giovane Willy Monteiro Duarte, ucciso di botte nella notte tra il 5 e il 6 settembre. I principali indiziati sono due fratelli, due cultori della MMA, un misto tra arti marziali, boxe e kickboxing, riconoscibili dai muscoli ma anche dai tanti tatuaggi su gran parte del corpo.

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“Sono due personaggi da prendere per il culo- spiega- sono il risultato delle fiction di oggi. La colpa, se c’è una cultura, è sicuramente, come la chiamo io, una cultura ‘gomorrista’”. Mancini, infatti, punta il dito contro le fiction che esaltano quelli che erano i criminali di un tempo recente. Cattivi esempi che contribuiscono a episodi come quelli di Colleferro. “Quando faccio gli incontri pubblici nelle scuole- racconta Mancini all’agenzia Dire- per smitizzare questi personaggi, ci sono docenti che mi dicono di non sapere più se i loro studenti si chiamano Mario, Giancarlo o ‘Il Freddo’, ‘Il Dandi’ o ‘Bufalo’”. Guai, poi, a parlare di fascismo nella vicenda che ha portato alla morte di Willy: “Ai tempi nostri non sarebbe mai successo. Un tatuaggio sarebbe stato nascosto, si andava sempre con le maniche lunghe. Un tatuaggio era una forma di riconoscimento- continua Mancini- Cosa c’è di fascista in questa vicenda? Niente. Mai visto Fioravanti o Carminati con un tatuaggio? O che andavano per strada a menare? Al limite poteva succedere negli scontri politici”. Per i due fratelli Bianchi, sono emersi precedenti per spaccio: “Ma i fascisti non hanno mai spacciato. Carminati? In quel caso era più Banda che fascismo”.

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