Abbiamo scelto il titolo del secondo album di Fabrizio De André per introdurre questa iniziativa il cui scopo è onorare la memoria delle tante vittime di coronavirus, perché la loro morte non sia solo un computo statistico o un bilancio anonimo. Ognuna di quelle morti è stata pianta da familiari e amici che non hanno nemmeno potuto salutare i propri cari. Non può essere e non sarà mai un elenco esaustivo. Ma è il nostro modo di rendere omaggio a quelle esistenze.
Roberto Angiolini se vedeva un talento pronto a sbocciare nella polvere trovava un’auto che sgommava e i quattrini per lui. Padre del ‘Jolly club’, la più mitica scuderia di rally italiana, ha vinto col suo logo diecimila volte sui dossi, di notte, nella nebbia e lanciato mille assi, tra cui Carlos Sainz. Ha lastricato di oro e di sponsor le strade sterrate. “Autoritario e arrogante per alcuni, in realtà solo invidiato. E’ stato così geniale da far credere alle persone di essere stato fortunato”. E’ morto a 83 anni.
Fabio Brotto amava così tanto i libri che aveva affittato un piccolo appartamento dove custodire quelli che non ci stavano più nella sua casa con moglie e figli. Dice Fiorella che “era lui stesso un libro aperto”. Ha insegnato i classici ai liceali di Treviso, scritto poesie e raccontato i rovi e la morbidezza del figlio autistico Guido, “che non sa che esiste la morte e sorride quasi sempre”. Da ‘Virus’, i suoi ultimi versi: “Il nemico invisibile è amico della follia scintillante/la frenesia triste qui allevata per anni./ E ora ti vedo madre velata, madre di tutti i sogni”. E’ morto a 69 anni.
Giovanni ‘Joe’ Balzan si dedicava alla fiamma e alla radice della passione. Quella che ha fatto correre per decenni fino alla serie B la Permac Vittorio Veneto, di cui era direttore generale. Quella per le sue Tose “simbolo e figlie di una comunità, leali e compatte”. Dopo i successi del calcio femminile ai Mondiali di Francia, si era preoccupato di stringere la radice alla terra. “Non vorrei che il concetto di passione si facesse travolgere da quello di business con la chiusura di sodalizi storici e amati da tutto il movimento”. E’ morto a 55 anni.
Gianni Griguolo, uno che da pubblico ministero ha fatto condannare mafiosi, criminali accaniti e sporadici, era amato dagli avvocati. Strano. Perché, dice uno di loro, “era una brava persona e un magistrato integerrimo. Ho litigato con lui così tante volte…ma la stima era assoluta”. Il suo mestiere era la requisitoria, puntare il dito. Ma strano, ancora.