“I guanti? Non li abbiamo, sono introvabili”. “No, purtroppo non ce li consegnano da un po’”. “No, prodotto mancante”. “Li abbiamo sempre in ordine, ma poi quando il fornitore ce li consegna non so dirle. Ora non li abbiamo”.
Così quattro farmacie milanesi (Loreto, Lambrate, Berta e Duomo) rispondono alla domanda se vendono uno dei presidi ritenuti cruciali nella prevenzione del coronavirus, soprattutto ora che, nella Fase 2, si può entrare solo se si indossano i guanti nei negozi di abbigliamento, in alcune librerie e negli esercizi che lo ritengano obbligatorio.
“Il problema c’è – conferma all’AGI Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani e dell’Ordine di Milano, Lodi, Monza e Brianza – sta succedendo coi guanti quello che era successo con le mascherine. La richiesta supera di gran lunga la possibilità di produzione. E, quando il bene scarseggia, purtroppo il mercato diventa appetibile con tutte le opacità del caso da parte di chi vuole fare business. Il problema è che siamo del tutto dipendenti dal mercato straniero e magari siamo di fronte a gente che vive dall’altra parte del mondo e, non avendo particolarmente a cuore la situazione del nostro Paese, fa dei prezzi allucinanti”.
Difficile anche per chi sta dietro al banco affrontare la penuria di beni: “Il telefono squilla in continuazione e noi siamo fragili di fronte alle richieste pressanti perché il mercato è assolutamente impazzito e in mano a persone non raccomandabili”. In tutto questo, Mandelli individua una notizia positiva: “Il decreto rilancio ha abbattuto l’IVA del 22 per cento su mascherine e presidi tra cui i guanti in lattice, vinile e nitrile. Questo dovrebbe abbassare la pressione ma resta il tema della grande richiesta sul mercato mondiale perché non siamo solo noi ad avere bisogno di questi presidi. È la globalizzazione: sono beni che hanno un prezzo contenuto nella normalità e per cui la manodopera incide molto. Per questo, si privilegiano i mercati dove la manodopera ha un costo basso. Ma le cose devono cambiare. Bisogna pensare a un’azienda nazionale che, in caso di emergenza, ci assista nella disperata ricerca di protezioni”.